Discutere
Intervista a Le Grand Jeu
Nelle ricerche svolte sul web per approfondire il quadro di ciò che ruota attorno alla street art, ci siamo inbattutti nell'interssante esperienza di Le Grand Jeu.
Un sito ricco, dove trovare non solo aggiornamenti su ciò che accade, ma stimoli di riflessione sulle pratiche artistiche contemporanee e sul loro impatto sugli spazi urbani e sulla società. Abbiamo dunque deciso di contattarli, per una chiacchierata digitale, che ci aiutasse a comprendere meglio il loro punto di vista e le loro attività. Leggete. visitate il loro sito web e fateci sapere la vostra opinione!
1) Cos'è Le Grand Jeu?
LGJ è un parco giochi digitale. È un luogo nel quale un gruppo di persone archivia delle idee, degli stimoli e delle immagini. Vogliamo condividere pubblicamente e anonimamente le nostre esperienze e invitare chiunque a riscoprire l’homo ludens che ha in se. Il web è il luogo ideale per farlo perché è un playground fantastico, nonostante le mille prigioni che ci siamo autocostruiti (google, facebook, tumblr, etc…).
2) Quali sono le vostre principali attività?
Ognuno di noi trae la propria dose quotidiana di soddisfazioni e di delusioni nel vasto mondo dell’industria della creatività. Da qualche mese, io e Simona abbiamo anche deciso di portare une parte dell’esperienza di LGJ anche nel mondo reale, concentrandoci su uno dei temi che ci stanno più a cuore, i graffiti e la street art. Il tutto sta avvenendo in maniera molto naturale, direi quasi artigianalmente, ed è la sintesi del mio percorso di studi e di insegnamento in storia dell’arte e della mia attività come consigliere artistico e curatore. A questi si affianca il desiderio, che mi accomuna a Simona, di difendere un certo modo di fare e di pensare la street art in una fase storica in cui gli interessi economici tendono a stemperarne la carica rivoluzionaria. La posta in palio è troppo alta per lasciare il megafono in mano solo a dei galleristi e a delle istituzioni che non sempre capiscono e che a volte sviliscono la street art trasformandola nel “nuovo fenomeno dell’arte contemporanea”.
3) Che legame c'è, nella vostra esperienza, tra produzione artistica e pratica ludica?
Nell’era dell’entertainment, il filtro ludico ci è sembrato il più appropriato per provare a smuovere le cose nel mondo, troppo spesso soporifero, dei musei e delle università.
Da bravi homines ludensis, ci siamo scelti il parco giochi più adatto alle nostre ambizioni. Infatti, la scelta della street art non è casuale, perché si tratta di un movimento artistico “puro”, in cui si sta provando a traslare quell’ansia da avanguardia che è il vero male della cultura occidentale. Per il momento, ci limitiamo a portare alla luce quel meccanismo che concilia la retorica del cambiamento con la pratica dell’impotenza – la logica romantica del genio incompreso per intenderci –, ma la vera battaglia sarà nel capire come andare oltre questo iperconsumo di cultura rivoluzionaria che rivoluziona solo l’arredo dei salotti delle classi economiche dominanti.
4) Chi - o dove - oggi esprime meglio questo rapporto? E ancora, quali soggetti o esperienze sono di stimolo alla vostra riflessione e attività?
Sul dove non ci sono dubbi: è internet, l’ottavo continente. Il chi è legato al dove, perché dobbiamo imparare a pensare in modo comunitario nel mondo reale, come già lo facciamo da vent’anni sul web. È lì che seguiamo i nostri street artists preferiti, i bloggers che stimiamo ed è sempre lì che troviamo la maggior parte dei testi che leggiamo. Un esempio: su consiglio di Corn79, un writer di Torino, l’altro giorno stavo cercando King Size. A project about Tags, DIY-Craft & Subcultural Globalization, un libro relativamente recente ma già introvabile. Con internet, mi sono bastati cinque minuti per avere il pdf tra le mani.
5) Uno sguardo sulla realtà italiana: cosa emerge con maggiore forza in relazione ai temi di cui vi occupate?
L’Italia è il paese dei paradossi quando si parla di street art. È un paese dove, fin da subito, si è fatta street art e sono passati nomi importanti a livello internazionale, da Fabulous Five, una mostra di graffiti americani organizzata alla galleria La Medusa a Roma nel 1979 (!) e a Arte di frontiera a Bologna nel 1984, fino alle esperienze più recenti diffuse a macchia d’olio su tutto il territorio, dal Fame Festival di Grottaglie al Picturin di Torino. Modena stessa ha avuto un ruolo fondamentale, dalle prime edizioni di Icone fino alla mostra Kindergarten, organizzata dalla Galleria Civica nel 2011.
Eppure, a livello europeo ci siamo fatti riprendere e sorpassare. Non esiste ancora una rete diffusa e riconosciuta di gallerie e di collezionisti, mancano delle mostre di rilievo internazionale organizzate da istituzioni pubbliche italiane e anche a livello di pubblicazioni, se escludiamo All City Writers di Andrea Caputo, c’è ancora molta strada da percorrere.
Oggi importiamo paradossi dall’estero e, più che confrontarci con la street art nella sua forma originaria senza disperderne il valore antropologico, tendiamo ad avvalorare una visione estetizzante solo perché è un approccio facilmente monetizzabile. Lo Stato italiano invita artisti come Ozmo o Sten e Lex ad esporre al Museo del Novecento a Milano o al Macro a Roma, ma nel frattempo intenta processi per associazione a delinquere contro delle crews di writers poco più che adolescenti. Dal nostro punto di vista, la priorità è quindi quella di rimettere la discussione sul binario giusto.
6) Prossimi appuntamenti, iniziative, qualcosa che volete segnalare...
Per qualche settimana, abbiamo lavorato ad un progetto folle, la prima Biennale di Arte Vandalica, una specie di flash mob riservato a writers e street artists. Ci sembrava un evento capace di coniugare le diverse anime di questo movimento e di renderlo al tempo stesso visibile nella sua forma più naturale. Poi siamo stati costretti ad accantonarlo, perché non abbiamo ancora capito come concentrare tutte le conseguenze giuriche su una sola persona, permettendo agli artisti di lavorare liberamente. È stata comunque un’esperienza interessante, perché ha materializzato davanti ai nostri occhi la carenza di democrazia visiva nello spazio pubblico.
Altrimenti, stiamo sviluppando o collaborando ad alcuni progetti che prenderanno forma a partire dal prossimo autunno e che presenteremo a breve sul nostro sito, e stiamo anche cercando anche il tempo per scrivere, perché, in fondo, la carta è ancora un mezzo eccellente per far circolare le idee.
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