Spazi e cultura in città: una relazione a distanza?
Editoriale n°7
In una bella piazza i ragazzi si siedono a bere una birra per terra perchè non c'è una panchina dove farlo. Quella piazza in poco tempo diventa, nell'immaginario di tutti, il luogo degli studenti perchè solo loro si siederebbero per terra a bere una birra. Per gli anziani che vi abitano intorno diventa un luogo di esclusione quanto per i giovani un posto in cui di sicuro non si incontrano altri che propri “simili”, riducendo di fatto la possibilità di incontro, comprensione e mediazione con chi ha vite diverse dalle loro. Ora l'idea della piazza, seppur bella, è legata a quella di degrado ed esclusione sociale.

Un' ”imposizione” conseguente alla forma data allo spazio pubblico ha facilitato divisioni sociali che facilmente possono portare a conflitti spesso socialmente inutili.
Questo esempio volutamente semplificato sulla dinamica con cui si sviluppa il senso d'uso e appartenenza di uno spazio pubblico è frequente nelle nostre città e nell'attuale cultura degli spazi condivisi.
Nel parlare di partecipazione e progettazione partecipata mi piacerebbe si potessero considerare due diversi ambiti o correnti di studio distinte ma assolutamente complementari e reciproche.
Se una, la più “nota” è quella che si sviluppa attraverso incontri specifici su temi circoscritti come la realizzazione di un parco o di una piazza, coinvolge i partecipanti all'incontro ha tempi chiari e limitati e sceglie gli argomenti di cui trattare a seconda di cosa la gente o l'amministtrazione ritiene sia tema di attenzione condivisa.
L'altra è quella che vede tutti gli abitanti di un luogo costruire, giorno per giorno, con le loro normali pratiche di vita (ed in particolare quelle in luoghi condivisi), l'immaginario collettivo con le sue aspettative ed aspirazioni. Questa partecipazione alla vita collettiva, a volte resa possibile e a volte negata dalla forma e dalle regole dello spazio pubblico e condiviso, costituisce la base sulla quale la comunità e poi la società individuano la direzione sociale, economica e politica in cui andare ponendo le basi per le future scelte politiche.
Si può immaginare un laboratorio partecipato per l'apertura di un parco pubblico laddove la gente lo immagina come ricettacolo di violenze su minori o luogo di abbandono e degrado?
E' chiaro dunque che parte delle scelte politiche sulla trasformazione della città derivino dal contesto culturale spontaneo in cui si vanno a collocare.
Come progettare dunque una città che consenta ed eventualmente faciliti lo sviluppo delle pratiche di vita individuali e collettive spontanee ed inclusive? Come consentire la pratica della democrazia attraverso la partecipazione spontanea alla vita quotidiana della città e quindi alla generazione dell'immaginario collettivo?
Stefano Reyes
Di questi temi e delle possibili relazioni tra vita culturale, crescita culturale e contesti urbani parleremo il 3 maggio alle 17,30, presso la Galleria Europa in piazza Grande. Vi aspettiamo.
Nel frattempo, sul sito troverete saggi e approfondimenti relativi a queste problematiche.